La cantante Irene Loche, appena tornata da Los Angeles, si racconta in questa intervista di Francesco Mura.
Ciao Irene, raccontaci dei tuoi esordi
Ho iniziato a suonare che ero molto giovane, avevo 8 anni, ma sapevo già che volevo quello nella vita. Ho sempre avuto questo grande amore per la musica e in particolare per la chitarra e mi ci sono completamente buttata, concentrando tutte le mie energie. La passione poi è sempre cresciuta anche perché grazie alla mia famiglia sono sempre stata immersa nel mondo della musica, i miei zii sono hanno lavorato tanto nello spettacolo, quindi da bambina mi ritrovavo spesso in mezzo a qualche chitarra o sopra un palco comunque attorniata da dischi. Questo mi ha aiutato tanto e tanto mi hanno aiutato i miei genitori che mi hanno sempre sostenuta in questa scelta anche un po’ avventata se vogliamo, non tutti ci avrebbero creduto così tanto. Ho sempre avuto sempre il desiderio di comporre e di scrivere, ho iniziato presto a scrivere brani e sono riuscita a condividerli già da quando avevo 16 anni, mettendomi subito a confronto con quella realtà e capire meglio la direzione da prendere e anche dove limare certe cose, cosa che sto ancora facendo (ride NDR), non si finisce mai infatti. Gli Stati Uniti e Los Angeles sono arrivati tanto dopo, sono partita a fine 2021, e poi sono tornata da pochissimo qua in Sardegna. Questo perché l’America è sempre stata uno dei miei obbiettivi, i miei ascolti e i dischi che ho a casa lo raccontano ed ho sempre pensato di avere la necessità di andare a interfacciarmi con quella realtà, io scrivo in inglese, scrivo musica americana e dovevo per forza fare quell’esperienza.
Come ti trovavi a Los Angeles?
È una città bella ma difficile, e posso dire che forse non è bella per tutti, soprattutto in questi ultimi tempi ma forse in tutto il mondo le cose si sono incupite. Questo l’ho sentito tanto, ma comunque L.A. mi ha dato molto, mi ha insegnato tantissimo ed è stata un’esperienza certamente importante, a tratti difficile ma diciamo che se una cosa non è difficile non è importante. Devo dire che me lo aspettavo ma in ogni caso siamo riusciti a portare avanti due produzioni una con Steve Postell, cantautore e produttore di New York trasferitosi a Los Angeles dove ha avuto modo di costruire una bella carriera e un ottimo seguito collaborando con numerosi artisti. Con Steve abbiamo prodotto il disco co-prodotto con Massimo Satta (direttore artistico e chitarrista di Mogol, nonché insegnante).
Irene a chi ti ispiri, che musica ascolti?
Attualmente, ascolto tanta musica americana, il genere è proprio chiamato così, in particolare uno dei miei artisti preferiti è Anders Osborne, uno dei nomi che cito sempre da molti anni perché credo che sia dal punto di vista musicale, umano e a livello di scrittura sia uno degli artisti più importanti che io che conosca. Gli ultimi lavori sono ancora migliori, più maturi, e parlano di temi molto attuali. Ho comunque sempre l’orecchio attento sulle nuove uscite del new blues, ad esempio di Gary Clark Jr. o Lucas Nelson. Sto cercando nuove ispirazioni perché per me non è facilissimo trovarle negli ascolti che passano in radio, quindi faccio una vera e propria ricerca.
Obiettivi nell’immediato futuro?
Prima di tutto rilasciare il nuovo disco, stiamo definendo le ultime cose ma la data di rilascio è imminente. Il disco è stato registrato e pre-mixato a Los Angeles con Steve Postell e completato qui con Massimo Satta. A breve dovrei annunciare una bella novità ma ora non mi posso sbilanciare più di tanto (ride ndr). Diciamo che stiamo aspettando il rilascio del disco per buoni motivi! Il mio obiettivo è anche quello di portare la musica in giro, sarebbe ovviamente bellissimo portarla qua a casa in Sardegna, però la mia idea, il mio sogno è quello di portarla fuori in Europa e tornare in America.
Un’ultima domanda, come componi? Qual è il processo che ti porta a creare musica?
Per scrivere un brano ci sono tanti modi e tante tecniche, per me, per il mio trascorso e anche per quello che penso sia giusto seguire, ho sempre cercato di raccontare un mio vissuto o comunque una storia che ha un messaggio da dare, generalmente io vivo la canzone come un film, musiche e parole spesso nascono insieme, per me è come mettere su un dvd di un film e iniziassi a vedere questa storia che voglio raccontare. Ha i suoi colori, i suoi momenti, le sue dinamiche. Certo può capitare che questo metodo non funzioni (capita ad ogni cantautore) allora devi trovare un compromesso e devi capire e mettere ordine alle idee. Molto spesso non si riesce a scrivere perché si hanno troppe idee e troppe emozioni in testa ed è qui che entra in gioco la tecnica. Però se possibile cerco di usare il primo metodo, una sorta di fiume creativo.
Sabato 19 aprile sarai al Birrificio Puddu a Oristano
Sì sono molto contenta di questo evento e dovrei avere anche la possibilità di suonare qualcosa del nuovo disco in anteprima, ma soprattutto sarà un vero piacere ritrovarmi di fronte a, spero tante persone e condividere ciò che sono stati questi ultimi 2 anni a Los Angeles e raccontarli in musica.
Francesco Mura