Intervista alla fotografa Simona Sanna di Francesco Mura.
Ciao Simona, come inizia la tua passione per la fotografia?
Ho cominciato a fotografare da molto piccola, forse anche perché mio nonno paterno Titino Sanna Delogu, gallerista e appassionato di fotografia e macchine fotografiche, ha trasmesso queste passioni a mio padre Josto e a mio zio Rafaele e loro a me: alcune fotocamere antiche di famiglia sono ora esposte nel mio studio. Mio padre Josto era appassionato sia di pittura che di fotografia, io invece sono stata attratta fin da subito solo dalla macchina fotografica e l’ho eletta a mezzo di espressione preferito. Quando ero alle elementari ho imparato quasi contemporaneamente l’alfabeto per leggere e scrivere i testi, le note per suonare il pianoforte e a usare il mirino della mia fotocamera Kodak Instamatic per inquadrare piccole porzioni di mondo. È davvero una vita che fotografo, partendo chiaramente dall’analogico. Tra il 2001 e il 2002 mi sono iscritta all’Associazione Culturale Fotografica Dyaphrama di Oristano dove inizialmente si è svolta la parte consistente della mia formazione ed ho potuto seguire tanti workshop con grandi fotografi: per citarne solo alcuni Dario Coletti, Francesco Cito, Mario Laporta e moltissimi altri che ho avuto il piacere di conoscere personalmente. Questa è stata la mia formazione partendo, come dicevo, dalle diapositive e dalle pellicole a colori e in bianco e nero, e poi è arrivato il digitale.
A proposito di digitale, è stato un cambiamento epocale che forse ha semplificato le cose, come l’hai vissuto?
È stato sicuramente una rivoluzione ma nel digitale ho portato con me lo “sguardo analogico” per cui anche adesso prima penso, poi osservo senza la fotocamera al collo e solo poi – eventualmente – fotografo, esattamente come facevo con l’analogico sia perché i rullini costavano e sia perché potevamo fare al massimo 36 scatti e non si potevano sprecare. Il digitale è stato un cambiamento epocale e per chi come me allora era una “semplice” appassionata ha portato anche vantaggi economici permettendomi di studiare ed esercitarmi tantissimo. Ho avuto solo qualche difficoltà iniziale col bianco e nero perché non riuscivo più a trovare quella densità e plasticità che è tipica della pellicola.
Qual è, secondo te, la dote che deve avere un bravo fotografo?
Bisogna imparare a vedere oltre che a guardare. Sostanzialmente bisogna cercare di andare sempre oltre la tecnica: il linguaggio fotografico va molto oltre, ci sono grandissimi fotografi che magari non sono eccellenti tecnicamente ma sanno esattamente cosa e come raccontare qualcosa con le proprie immagini e in modo significativo. Probabilmente ciò che contraddistingue un bravo fotografo è riuscire a diventare un bravo narratore: andare nella profondità di sé stessi e chiedersi “cosa voglio dire?”, “che messaggio voglio mandare con la mia fotografia”?. Ci sono sempre almeno due persone che entrano in gioco davanti a una fotografia: chi manda un messaggio e chi lo riceve. Se in questo passaggio manca il tentativo e la volontà di raccontare qualcosa da parte di chi fotografa è molto difficile che quell’immagine non si perda, per esempio, nel mare magnum delle foto dei socialnetwork, dove spesso si punta moltissimo sull’estetica e non altrettanto sulla comunicazione. Per me la fotografia è prima di tutto comunicazione.
Oltre alla tua attività di fotografa hai aggiunto anche l’insegnamento
Sì, mi piace insegnare. Svolgo la mia attività di fotografa principalmente nel mio studio “Oltre Lo Specchio – Salotto Fotografico” a Oristano, che è diventato un Centro di Fotografia Femminile e Generazionale rivolto anche agli Under 18. Qui realizzo ritratti e attualmente curo e conduco Progetti e Laboratori di Fotografia Introspettiva e Creativa per la conoscenza e la narrazione di sé, anche attraverso il Metodo Caviardage di Tina Festa, di cui sono Insegnante Certificata. Ho iniziato l’attività di docenza tanti anni fa, nel 2006, nell’ Associazione Dyaphrama dove svolgevo la parte del corso base dedicato alla Composizione fotografica e alla lettura delle immagini, i miei cavalli di battaglia. Dal 2008 ho iniziato a organizzare da sola corsi base per diversi Istituti Pubblici e Privati di Oristano e Cagliari (Socio Psicopedagogico, Classico, Scientifico, Uni3, etc). Ora con il digitale e soprattutto con gli smartphone tutti fotografano e forse tutti pensano di essere anche un po’ fotografi e non so se si ha più tanta voglia di studiare fotografia come un tempo. Come diceva il grande Giovanni Gastel “tutto ciò che stato fatto prima del digitale è archeologia fotografica, quello che ci sarà dopo è ciò che sarà la fotografia da ora in poi”. La fotografia è diventata un mezzo incredibile per comunicare, la propria quotidianità, cosa si mangia, come ci si veste, dove si va, ed è un cambiamento che bisogna registrare per stare al passo con i tempi: tutto va avanti ed è bello che vada avanti anche la fotografia. Anche la presenza dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite ci spinge a reinventarci continuamente. Il progresso non si ferma e c’è del bello in tutto, se lo si vuole trovare. Ma accanto a tutto questo mondo bisogna ricordarsi che esiste ancora la fotografia professionale, fatta da professionisti, che naturalmente resta sempre e solo appannaggio dei veri professionisti della fotografia.
Spulciando il tuo sito, ho trovato la sezione “fotografia terapeutica”, di cosa si tratta?
Il percorso di formazione e di individuazione delle mie peculiarità in ambito fotografico ha subito una svolta nel 2019, quando ho frequentato a Roma un corso di “Fototerapia e Fotografia terapeutica” con il gruppo NeTfo. Di queste discipline ne ha parlato per prima la psicologa e arteterapeuta canadese Judy Weiser negli anni ‘70, che ha utilizzato le immagini come medium terapeutico coi suoi pazienti. La Weiser ha creato un vero e proprio metodo che prevede l’utilizzo, durante il setting terapeutico, accanto alla terapia verbale, anche una tecnica non-verbale ossia il linguaggio simbolico della fotografia e lo ha esposto nel suo libro “Fototerapia. Tecniche e strumenti per la clinica e interventi sul campo”. Questa è la fotografia IN terapia, detta anche Fototerapia, praticata solo dagli psicoterapeuti, ossia dai professionisti della relazione d’aiuto. La Fotografia Terapeutica, invece, è la fotografia COME terapia, e viene praticata da persone che non sono terapeute e desiderano utilizzare le immagini come strumento di crescita personale. Uno strumento per affrontare, comprendere ed elaborare un momento di difficoltà psichica, fisica o sociale. Ho scoperto che per me la fotografia è terapeutica molto prima di sapere che esisteva una fotografia terapeutica. Fotografare per me è come fissare un punto X nella mia vita e poi posso andare oltre. È un’esigenza che mi fa stare meglio ed è ormai diventato uno stile di vita.
Parliamo del tuo libro
“Camera con Vista – Rubrica Fotografica” è un saggio sulla fotografia pubblicato alla fine del 2023 da Soter editrice di Salvatore Ligios, il sessantaduesimo delle Piccola collana di memorie. È nato con piacere ma anche da una necessità durante il periodo del lockdown (fase 2, dal maggio 2020 al maggio 2021), quando eravamo letteralmente chiusi in casa: non potendo fotografare come sempre e come avrei voluto e avendo abbandonato praticamente da subito l’idea di fare pane, pasta e pizza in casa (ride NDR), vedevo immagini, ascoltavo musica e avevo rivolto la mia attenzione alla lettura, allo studio e alla scrittura. Nel libro ci sono delle riflessioni su vari argomenti di fotografia, nate quando mi sedevo al pc nel tavolo di soggiorno dove passavo gran parte del mio tempo e ogni tanto sollevavo lo sguardo e guardavo fuori dalla finestra di fronte. Sono riflessioni legate all’ aspetto culturale della fotografia e non a quello tecnico, al significato, al senso più profondo di alcune tematiche fotografiche (la fototerapia, la luce, il tempo etc). Ho scelto un linguaggio volutamente accessibile, anche perché mi farebbe piacere che il messaggio arrivasse a un pubblico vasto, non necessariamente agli addetti ai lavori, magari spinto solo dalla curiosità di leggere il mio saggio.
Grazie mille Simona
Grazie a te Francesco, per essere stato capace di ascoltare e non solo di sentire.
Contatti: https://www.simonasanna.it/ | https://www.facebook.com/fotografiaintrospettiva/ | https://www.facebook.com/camerawithaview | https://www.instagram.com/oltrelospecchio_fotografia/?hl=it